Artista: Yang Zhenzhong
Curatore: Marcello Smarrelli
Azienda: Elica Cina
Numero partecipanti: 57
Luogo: Shengzhou
XV Edizione
Selezionato per la XI Biennale di Shangai 2016
Yang Zhenzhong, Disguise, 2015 Still from video
Yang Zhenzhong, Disguise, 2015 Still from video
Yang Zhenzhong, Disguise, 2015 Still from video
Yang Zhenzhong, Disguise, 2015 Still from video
Yang Zhenzhong, Disguise, 2015 Still from video
Disguise è il titolo del progetto ideato dall’artista cinese Yan Zhenzhong per la XV edizione del Premio Ermanno Casoli realizzato nell’ambito di una residenza di due mesi nel plant dell’azienda Elica di Shengzhou in Cina, dove ha lavorato a stretto contatto con più di cinquanta dipendenti realizzando con loro una serie di workshop.
Disguise, che tradotto in italiano significa ‘travestimento’, rimanda ad un’atmosfera teatrale sottolineata dalla presenza di una serie di maschere che riproducono le sembianze dei dipendenti coinvolti, realizzate attraverso l’uso della tecnica di scansione in 3D. Le maschere – esatto duplicato del volto dei dipendenti – sono state usate per una performance tenutasi all’interno dell’azienda, in cui i dipendenti le indossavano durante lo svolgimento delle quotidiane mansioni lavorative. Le riprese video sono state utilizzate per creare una videoinstallazione su più canali che, insieme alle maschere, sono state presentate in una mostra presso lo Showroom Elica di Shangai.
“Durante il consueto turno lavorativo – racconta Yang Zhenzhong – ho fatto indossare ai dipendenti la maschera realizzata in una prima fase del workshop tramite la scansione dei loro volti. Nel video si vedono i dipendenti mentre lavorano e, allo stesso tempo, mettono in scena il processo produttivo, esprimendo una sorta di azione performativa e dinamica, nonostante siano sottoposti alle regole dei rispettivi ruoli all’interno dell’azienda. Con i volti coperti dalle maschere, i loro movimenti sono sempre legati alla catena di montaggio ma, grazie a questa metamorfosi, acquisiscono la grazia di una danza liberatoria. L’atmosfera creatasi durante i workshop non ha variato le potenzialità della produzione quotidiana, come si poteva immaginare, ma l’ha trasformata in una sorta di teatro o in qualcosa di più spirituale. Personalmente, questa intera pratica e procedura creativa è stata una nuova straordinaria esperienza”.